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C’era una volta il “metro di sicurezza”, la distanza minima da mantenere per considerarsi al riparo dal virus SARS-CoV-2.

C’era una volta il “metro di sicurezza”, la distanza minima da mantenere per considerarsi al riparo dal virus SARS-CoV-2. Oggi anche quella misura – chiara, semplice, unitaria – sta entrando in crisi: nei vari protocolli che dal 18 maggio guideranno la riapertura di bar, ristoranti, parrucchieri, negozi e altre attività commerciali, in molti casi il semplice metro sembra non bastare più. Un metro più in là. È il caso di bar e ristoranti, che secondo le linee guida dell’Inail devono garantire ai loro clienti una superficie di quattro metri quadrati: due per due. Al ristorante la regola base è la distanza di due metri tra un tavolo e l’altro, mentre tra commensali “deve essere sufficiente a evitare la trasmissione di droplets”, le temutissime goccioline di saliva. Niente buffet, menu di carta, camerieri con guanti e mascherina. Dal parrucchiere tra le poltrone ci dovranno essere almeno due metri di distanza. Guanti e mascherine per il personale, obbligatorio il lavaggio dei capelli prima di effettuare il trattamento. Due metri è il magic number anche per le palestre, mentre rimarranno proibiti saune, bagni turchi e idromassaggi. Capitolo messe e funzioni religiose: qui gli epidemiologi hanno previsto una distanza di sicurezza tra i fedeli di almeno un metro e mezzo. Nulla rispetto alle spiagge, dove l’Inail ha indicato una distanza minima tra gli ombrelloni di almeno 5 metri, facendo insorgere molti operatori del settore che già temono un’estate disastrosa. La guerra del metro, sulle coste italiane, sembra già iniziata, e le soluzione è la solita: ogni Regione farà a modo suo. Così la Liguria difende la regola dei 3 metri tra un ombrellone e l’altro, la Puglia punta a 4, la Campania si orienta sui 3,5.
rlferrara